Abusivismo edilizio e disastro ecologico
di Giuseppe Bonanni
Sequestrati 450 edifici, chiusi 14 cantieri, indiziate 50 persone tra le quali tre sindaci. Il bilancio di un massacro ecologico.
Le elezioni passano, ma le ville restano: potrebbe essere questa la pessimistica conclusione della crociata ecologico-giudiziaria in atto sulla costiera della Maga Circe. Il fatto è che dieci anni di massacro urbanistico non si cancellano con una raffica di comunicazioni giudiziarie per gli amministratori comunali di San Felice Circeo, o con cinquecento sequestri di «unità immobiliari». La storia dell'abusivismo edilizio, a sfondo speculativo, è nata con l'attuale regime e venne scritta, un anno dopo l'altro, nelle cancellerie dei Tribunali civili di ogni contrada italiana: all'Argentario, sul Parco d'Abruzzo, a Parma, sulla Costa Smeralda o sul litorale pontino. Ma non è la località che conta e neppure i nomi di fantasia delle Società di costruzioni, nate da un giorno all'altro, eppure sostenute dai più solidi Istituti di credito. Bisognerebbe rompere la matrice politico-amministrativa di questi turpi affari, per sconfiggerli.
La frenesia edilizia dei lottizzatori del Circeo è una vicenda magica in tutti i sensi. Venne scritta con il peggior inchiostro «simpatico» che si possa usare per la stesura degli atti amministrativi: il silenzio. Tacitamente, il piccolo Comune diventò la base operativa del peggior affarismo romano. Era nato, cosi, in uno dei più suggestivi ambienti del litorale laziale, un punto franco per il cemento residenziale, accarezzato dallo scirocco in pieno inverno e temperato dal ponentino, durante la canicola estiva. In questa succursale pontina del paradiso terrestre i traffici illeciti divennero una variante della legge comunale e una costante prassi della vita amministrativa. Democristiani, socialdemocratici e socialisti si strinsero la mano, all'interno del Consiglio comunale, con i costruttori edili o con i loro rappresentanti. Anzi, il PSI, forse per non subire il peso delle intese altrui, distaccò a San Felice Circeo l'onorevole Aldo Venturini. Lo smembramento della foresta mediterranea nacque, pertanto, da una intesa politica che si realizzava, presso a poco così: «io delibero, tu lottizzi, lui costruisce». In base a questa agile procedura, l'ex Sindaco democristiano Tucciaroni rilasciò circa duecento licenze edilizie nel solo '73, compromettendo il futuro paesaggistico del Quarto Caldo, un'area che penetra nel cuore del Parco Nazionale. Fu una dura mazzata inferta all'habitat; la fine di specie vegetali non riproducibili in altre zone mediterranee, come le palme nane e i corbezzoli, e lo scempio degli animali.
Infatti, insieme ai pirati delle aree giunsero i bracconieri di lusso, responsabili della più criminale matanza che si sia mai organizzata ai danni di cinghiali, di daini e di manguste (tra l'altro il Circeo è l'unico posto in Europa, in cui questi graziosi distruttori di vipere riescano a riprodursi). Tutto avveniva sotto gli occhi delle Autorità, ancora una volta paralizzate dalla mafiocrazia imperante tra i partiti e sconvolte dai «conflitti di competenza»: le autonomie locali, le norme regionali, le ordinanze della Commissione edilizia di San Felice, le indicazioni contraddittorie dei piani di fabbricazione; vale a dire tutti quegli alibi che si frappongono, già adesso, alle decisioni prese dal Magistrato.
Dopo Tucciaroni arrivò nell'antico Palazzo dei Templari, dove ha sede il Comune di San Felice, un democristiano di estrazione fanfaniana e di fama televisiva, il dottor Gian Paolo Cresci, Capo dell'Ufficio Stampa della RAI-TV. Il partito gli aveva affidato compiti di «assoluta moralizzazione», ma anche per lui oggi il Magistrato prevede ipotesi di reato, sia pure per fatti meno imbarazzanti di quelli commessi dal suo predecessore e senza l'aggravante della continuità. Sta di fatto che anche il dottor Cresci non riusci a sottrarsi agli incantesimi amministrativi delle Società edilizie che, dopo un anno dalla sua nomina, lo costrinsero alle dimissioni. A chi gli rimproverava di aver subito la prepotenza dei lottizzatori, rispose con questo capolavoro di televisiva chiarezza e di reminiscenze omeriche: «Nessuno mi ha intimorito, però sono stato fatto oggetto di notevoli pressioni psicologiche». Non sappiamo se anche l'attuale sindaco socialista Pasciuti abbia dovuto sopportare attentati al libero corso della sua coscienza. Certo è che si trova, anche lui, sotto inchiesta.
Qualunque possa essere, però, l'intenzione del Magistrato, i ricorsi contro il sequestro dei mini-appartamenti, delle ville, dei casermoni residenziali, le richieste per la «formalizzazione» dell'inchiesta degli avvocati, patroni dei politici pontini, e i conflitti di competenza tra Consiglio di Stato, Regione, Comune, Ministero dell'Agricoltura e Foreste, Sovrintendenza alle Belle Arti e organismi internazionali per la difesa della Natura, rappresentano altrettante «garanzie» a vantaggio degli speculatori. Ma il busillis dell'intera questione è un altro. Al Circeo non sarebbe avvenuto nulla di male: soltanto un deplorevole refuso «di battuta» nella stesura dattilografica del Piano di Fabbricazione, avrebbe portato gli indici di fabbricabilità da 0,15 a 0,35.
Per il lettore ignaro di rapporti di superficie e di volume previsti dalle leggi edilizie, chiariamo che la differenza in più, nata dall'errore meccanico, ha consentito che in un lotto di 3.000 metri, dove sarebbe potuta sorgere, al massimo, una casa pre-fabbricata, è stato costruito (e venduto) un intero quartiere-alveare.
Insomma, si renda giustizia ai padrini del cemento mettendo al rogo la dattilografa. Non si tocchino, però, le Edilizie e i loro procuratori politici. La Edil-Balducci, cinquecentomila metri cubi di cemento nel cuore di uno dei più suggestivi luoghi del Parco; la Malora Terza, interessata a 4 palazzi a circa duecento metri dalla famosa Torre Cervia; la DEA, la ALAN, la RIT, la Batteria, la Lamar, la Ai Pini, e tutte le altre responsabili dei fabbricati della Cona, di Punta Rossa o di Quarto Caldo, incomparabili plaghe di una costiera e di una foresta che nessuno potrà più ricreare, sono innocenti. Ma la minaccia si estende anche al Quarto Freddo, così tutto il Circeo sarebbe definitivamente seppellito sotto una colata di cemento. Si tratta di una ipotesi niente affatto peregrina, se è vero che già da due anni (ossia da quando noi ci prendemmo la briga di denunciarlo) gli amministratori della ex proprietà Aguet avrebbero provveduto a dividere il territorio in grossi lotti, vendendoli per centinaia di milioni ciascuno.
A questo punto è logico chiedersi che fine abbiano fatto gli impegni, presi da tutte le parti politiche, per la difesa dell'ambiente e la tutela ecologica di tutte le zone di grande interesse naturalistico. Nel luglio del '75 le intenzioni dei Ministri competenti sfociavano, addirittura, in decreti presidenziali di tutela, per l'ampliamento dell'area del Parco del Circeo. Ma queste buone intenzioni non scoraggiavano i lottizzatori. Già nel febbraio di quest'anno il Ministro di Grazia e Giustizia veniva informato dal suo collega dell'Agricoltura, Marcorà, che i Forestali avevano elevato centinaia di contravvenzioni per disboscamento, dissodamento di terreni vincolati e costruzioni abusive, anche nelle zone «aggiunte». Nessuno però si prese la briga d'intervenire per bloccare gli speculatori e demolire le opere iniziate; anzi queste (si trattava di abitazioni e di residences di gran lusso) furono ultimate e vendute.
Evidentemente, un vecchio adagio del malcostume italiano, a San Felice Circeo era stato corretto così: «Fatta la villa, trovato l'inganno»!
Fonti e Bibl.: il Borghese n.26/27, giugno 1976 .
30 Luglio 2012 | agg.1