Unione al Regno d'Italia
San Felice Circeo venne unito al Regno d'Italia nell'anno 1870, di seguito riportiamo il processo verbale che testimonia lo storico evento:
"L'anno 1870, il giorno 2 ottobre, presso una delle sale del Municipio di San Felice. La Giunta Municipale, composta dai Signori Pietro D'Antrassi Presidente e Serafino Palmerio, Vincenzo Diamanti ed Angelo Tassini membri di detta giunta… hanno dichiarato… che i Comizi erano aperti per il solenne Plebiscito ed essendo le ore 9 a.m., hanno proposto ai votanti la formula come dalla notificazione di detta Giunta Governativa di Velletri…:"Dichiariamo la nostra unione al Regno d'Italia sotto il Governo Monarchico Costituzionale del Re Vittorio Emanuele II e dei suoi legittimi successori"… Si è proceduto alla votazione, avendo ognuno un Bullettino stampato in cui trovasi scritto sì o no; si è data spiegazione che coloro i quali intendessero di unirsi al Regno d'Italia accettando la su riportata formula, avessero deposto il Bullettino ove trovasi scritto sì, nell'urna, e quegli i quali fossero contrari avessero deposto il Bullettino ove trovasi scritto no.
In seguito di che si è dato principio alla votazione senza che fosse in modo alcuno interrotta deponendo ognuno il suo voto nell'urna alla vista di tutti.
Dopo tre ore, si è dichiarato dal Presidente chiusa la votazione ed eseguito lo spoglio dei voti, risultò e si rinvennero dei sì centosettantacinque, no numero due. Ogni votante, prima di deporre la sua scheda nell'urna, dichiarò il suo nome che venne annotato in apposita lista dal Segretario Fabiano Cerilli, dopo di che, rimanendo da questo Comune accettata e riconosciuta l'unione al Regno d'Italia, si è chiuso il presente processo verbale…".
La questione del livello baronale di San Felice Circeo trae origine da un nummus pagato a favore della Camera Apostolica al tempo in cui San Felice Circeo faceva parte degli Stati della Chiesa. Nel 1813, essendo proprietario Poniatowsky, l'enfiteuta di San Felice Circeo Giovanni Leopardi fece, per mezzo dell'agrimensore Tranquilli, una revisione ed aggiornamento di tutti i canoni che uniformò indistintamente per tutti i terreni a scudi 4 a rubbio, con l'obbligo assoluto di pagare in denaro anziché in natura, come si era praticato quasi sempre fino ad allora.
Detto canone fu confermato nel 1830 da Monsignor Mario Mattei, Tesoriere Generale della R.C.A., con "Istromento di ricognizione in Dominum" stipulato con ogni singolo enfiteuta. Avvenuta nel 1870 l'unione all'Italia degli Stati della Chiesa, lo Stato Italiano subentrò con tutti i diritti spettanti alla Camera Apostolica e con atto rogato il 22.04.1881 presso l'Intendenza di Finanza di Napoli, lo Stato Italiano vendette al Barone Ottavio Giacchetti il così detto Feudo di San Felice Circeo e nella vendita furono compresi i Livelli.
Il Barone Giacchetti cedette i suoi diritti con atto Notar Delfini del 10.04.1892 al Sig. Zefferino Rosellini e questi con atto Notar Delfini del 10.06.1893 lo rivendette al Barone Adamo Argelli, il quale con atto Notar Delfini del 29.04.1898 lo vendeva al Sig. James Aguet fu Giovannipaolo dal quale per successione ereditaria si trasferiva al figlio Luigi Aguet e da questi ai due figli Aguet James ed Elena ved. Blanc in base ad altra successione ereditaria.
Attualmente gli eredi della famiglia Aguet sono: nr. due della discendenza Aguet e nr. 4 della famiglia Blanc.
Geom. Franco D'Andrassi
Commento a cura di circei.it: Il così detto Livello Baronale, come già premesso, è un contratto atipico instaurato in passato dal proprietario di un bene immobile nei confronti di un altro soggetto che in cambio doveva un compenso stabilito in base alla ricchezza prodotta dal bene stesso (nel caso di terreni è rappresentato dal computo eseguito sul Reddito Dominicale). Nel tempo, questo contratto è stato oggetto di vari riconoscimenti dagli "Stati di diritto" succedutisi. Ad oggi, con varie leggi speciali, lo Stato Italiano ha inteso eliminare vari contratti atipici (ad esempio la mezzadria).
Tra questi c'è anche il livello baronale che fa capo alla Legge n. 607 del 22 luglio 1966 integrata dalla Legge n. 1138 del 18 dicembre 1970, ove tutti coloro che risultano tenutari nel tempo di un bene con la qualifica di "Livellario" possono riscattarlo e la ratio di quanto detto stà nel fatto che la proprietà di un bene, secondo il diritto, è quando si possiedono tutti e sette i diritti reali (usucapione, enfiteusi, etc.). Pertanto, giuridicamente il possessore dei detti sette diritti reali, nel nostro caso sono gli eredi della famiglia baronale del Circeo, mentre gli occupanti dei beni sono ricompresi nel diritto di "livellari". Presso la Sezione distaccata della Procura della Repubblica di Latina con sede in Terracina esiste un Ufficio apposito che tratta le procedure instaurate per il riscatto del livello ed è pienamente funzionante. La problematica del livello può assume importanza in capo al cittadino livellario quando:
a) richieda un prestito o finanziamento ad un istituto ponendo a garanzia un bene del quale risulta livellario (è sufficiente una qualsiasi visura ampliata eseguita presso il Catasto per rilevarlo). In tal caso il fido potrebbe essere concesso senza poter usufruire di tassi agevolati e con l'ulteriore gravosa aggiunta di garanzie su altri beni;
b) in caso di esproprio, nascerebbero problemi sull'eventuale ricorso o chi eventualmente essere il titolato a ricevere l'indennizzo per il bene perso. Nel tempo si sono già verificati vari contenziosi, quale quello di Istituti Bancari che avendo concesso fidi a livellari previo garanzia su un terreno "baronale" hanno inteso richiedere alla famiglia Aguet e Blanc di onorare il mancato rimborso del prestito da parte del livellario inadempiente. Situazione, al momento, risolta in quanto è stato inadempiente l'Istituto Erogante nel mancare a fare i dovuti controlli sulla documentazione e notizie in capo al "Livellario" che, in effetti, sembrerebbe che non poteva vantare giuridicamente la piena proprietà sul bene posto a garanzia del prestito.
agg.3 02.12.2003