Antonio Valente
Lo scorso 30 giugno ricorreva il trentesimo anniversario della morte dell'architetto e scenografo Antonio Valente nato a Sora il 14 luglio del 1894.
Un protagonista dell'arte e della cultura italiana del ventesimo secolo che per una serie di motivi, in gran parte legati ad un modo di vedere la politica che definire manicheo potrebbe sembrare sembrare quasi riduttivo, ancor oggi, non ha visto riconosciuti, con il rilievo adeguato, i suoi notevoli meriti nel campo dell'architettura e della scenografia.
E a questi proposito non si puo' che condividere quanto scriveva molti anni fa Diego Fabbri a proposito di una mostra scenografica su Valente svoltasi a Roma tra il gennaio e il febbraio del 1978 "alla mostra... sono rimasti un po' estranei, come a guardare, le varie avanguardie e i loro paraninfi giornalistici in cerca di pubblicita'. In questa estraneita' devono essersi trovati alleati una comprensibile ignoranza (questione di eta') e una malcelata faziosita' politica. In altri paesi - penso all'Inghilterra, agli Stati Uniti, alla Germania e anche alla Francia, pur con tutti i suoi condizionamenti nazionalistici - un riesame critico e una documentazione suggestiva e altamente didattica a oltre mezzo secolo di distanza avrebbero suscitato ben altro interesse e una fioritura di studi che dubito si sveglieranno da noi".
Considerazioni amare ma sicuramente di grande attualita' considerando l'atteggiamento che nel corso del tempo le istituzioni, e non solo quelle culturali, hanno avuto verso uno dei maggiori interpreti della rivoluzione teatrale degli anni Venti e che fu negli anni Trenta, a testimonianza di quello che Fabbri chiama "impegno sociale per il Teatro", l'animatore del "Carro di Tespi", ossia di uno dei primi tentativi di teatro itinerante che dal 1929 al 1940 percorse in lungo e in largo l'Italia permettendo anche agli abitanti dei centri piu' piccoli di conoscere opere drammatiche e liriche con allestimenti di primo piano.
E non a caso ha scritto Valentino Brosio "I Carri di Tespi moderni ebbero grande popolarita' e anticiparono quella diffusione culturale dello spettacolo che sarebbe poi diventata appannaggio della televisione che ne segno' la fine col suo diffondersi".
E come ricordava qualche anno fa Giampiero Mughini sull'Indipendente "in tutto quello che faceva e progettava, lo spirito del moderno conosceva il suo trionfo, dal gioco delle luci all'invenzione dei costumi" e solo per fare un esempio "le scene da lui inventate per la rappresentazione della Butterfly all'Opera di Roma erano talmente belle e in anticipo sui tempi, che per decenni nessuno le modifico'".
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Costume di "Canio" per i Pagliacci di Leoncavallo. Carro di Tespi lirico, 1932
La creativita' di Valente si espresse con pari originalita' e gusto in ambito architettonico dove si coniugo' con rispetto rigoroso per l'ambiente.
Un eclatante esempio di quella che e' stata definita "poesia architettonica" la abbiamo a San Felice Circeo localita' di cui rimase affascinato sul finire degli anni trenta come racconto', successivamente, in un suo scritto: "Arrivai al Circeo nel 1937: non c'era nessun essere umano altro che Tito, il vecchio guardiano del Faro, il quale sull'imbrunire arriva dal paese distante circa tre chilometri per accendere la lanterna, a quell'epoca, alimentata a petrolio.
Non c'erano ne' ville ne' strade, l'unica era un antico viottolo scosceso. Dalla prima modesta patriarcale casetta, la mia,... ho sempre condotto al Circeo molte persone per farle innamorare del luogo... personalmente ho progettato e fatto costruire dalle maestranze locali ben piu' di quaranta ville lungo la costa del Quarto caldo, compreso il grande complesso alberghiero di "Punta Rossa" ormai di rinomanza internazionale... Tutto cio' per significare che... la creazione del Quarto Caldo è sempre cosa mia con tutti i sacrifici e rinunce che... ha comportato".
Quale sia stata la regola alla quale si ispiro' costantemente nella sua opera Antonio Valente lo scrisse in calce al progetto della sua villa "Ho studiato questo progetto tenendo presente tutta la bellissima vegetazione arborea ivi esistente: olivi selvatici, ginepri, lecci. A geloso e amoroso rispetto di tale impagabile patrimonio boscoso, ho progettato la villa, che si adagia tra gli alberi, abbracciandoli e ospitandoli anche nel suo interno in un poetico universale accordo.
Per essi ho creato un motivo di armonia tra il manufatto e il materiale, per cui, spingendo decisamente l'opera tra gli alberi - meravigliosi esseri viventi - ho forse potuto creare la casa della serenita' e dell'amore nella natura".
A San Felice Circeo Antonio Valente ha progettato abitazioni, ville, complessi alberghieri ed edifici pubblici. In ricordo di questa sua opera quarantennale, l'otto maggio del 1977 la locale amministrazione comunale gli ha dedicato una piazza.
Come urbanista realizzo' nel 1939 il progetto del grande complesso urbanistico della zona industriale cinematografica sulla via Tuscolana (sede per sei societa' cinematografiche e complessi residenziali per circa duemila famiglie), e, in seguito, il Piano di Ricostruzione della citta' di Veroli.
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Dispositivo di Carro di Tespi pronto per una rappresentazione
Antonio Valente come scriveva nel febbraio del 1978 Dario Antoniozzi, all'epoca ministro del Turismo e dello Spettacolo, "e' uno di quegli artisti che si commemorano veramente con profondo rincrescimento, e non soltanto perche' la fine di un uomo e di una vita, soprattutto se validamente spesa, genera sempre malinconia e rimpianto, ma perche', ricordandolo, si ha la sensazione che con lui siano scomparsi un'epoca intera, un modi di sentire e di vivere, una generazione di artisti, per i quali la creativita', la genialita' e la fantasia non erano strumentalizzati a fini carrieristici e di pura affermazione, ma fusi, in armonica simbiosi, con la modestia che e' sempre la piu' valida alleata del talento. Del resto lui stesso amava ripetere che "il buon lavoro non ha bisogno di pubblicita'.
E in effetti Antonio Valente non ha avuto bisogno del rullo dei tamburi per far conoscere il suo nome e per far apprezzare le sue opere: come uomo d'arte... si e' affermato in tutto il mondo dall'America all'Europa...
Ancora sotto questo profilo si puo' dire che egli non e' "uscito di scena" - come si usa dire nel mondo dello spettacolo - ma vi rimane... come valore emblematico per alcuni, come esempio da seguire, per tutti".
Parole a cui e' difficile aggiungere altro se non una riflessione di Giampiero Mughini "E' stato un gigante, ed e' della razza di italiani che noi prediligiamo. Di quelli che sono rimasti soli e schivi, soli nella loro grandezza"
Gianluigi Proia
Antonio Valente
Antonio Valente aveva maturato la sua esperienza prima a Parigi, a contatto con altri artisti italiani, scrittori, pittori, attori, poi a Berlino, perfezionandosi nello studio della "scenotecnica" e della "illuminotecnica". E mise a frutto queste tecniche innovative al suo rientro in Italia, sia nel teatro sia nel cinematografo. Ideo' il famoso "Carro di Tespi", un teatro popolare ambulante; progetto' e cotrui' il Centro Sperimentale di Cinematografia, che fu primo in Europa, in cui insegno' piu' di trent'anni. I piu' noti scenografi italiani si formarono nella sua scuola.
Al Circeo Valente collaboro' attivamente col Gemini, durante il periodo in cui questi fu a capo dell'Amministrazione Comunale, progettando le Scuole Materne, trasformando la vecchia rimessa camerale nel grazioso Teatrino Comunale ecc.
Nell'ambito dell'Architettura civile, oltre al complesso dell'Hotel Punta Rossa, progetto' anche quello ugualmente rinomato dell'Albergo Maga Circe.
Il Comune del Circeo, in segno di riconoscimento e per tener sempre vivo il ricordo dell'Arch. Valente, ha voluto intitotolargli, nel 1977, proprio nella zona da lui maggiormente amata e abitata, il Piazzale del Faro.
Pioniere del Quarto Caldo
La prima villa sorta nel versante sud del Promontorio (Quarto Caldo) fu quella dell'Architetto Antonio Valente. Era l'anno 1937: l'unica costruzione cola' esistente risaliva a quasi un secolo prima, ed era la torre del Faro con l'abitazione del fanalista.
Allora, per accedere in quel versante (La Vanna di la'), bisognava superare una rampa a gradoni dopo il "Bosco" e percorrere subito dopo, fino alla curva di Torre Fico, un sentiero sassoso e pericoloso, che rasentava un burrone di oltre cento metri, senza ombra di parapetto.
... compro' immediatamente un appezzamento di terreno lungo la scogliera tra il Faro e la Grotta delle Capre. La zona era del tutto deserta e l'unica costruzione, come gia' detto, era quella del Faro.
Tommaso Lanzuisi
agg.2 13.09.2005
17 maggio 2018 | agg.3