Impatti dell’eruzione del 79 d.C. nel territorio del Circeo
L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. fu documentata da autori antichi, in primis Plinio il Giovane e, successivamente, storici come Cassio Dione. Plinio il Giovane, testimone oculare da Miseno (circa 30 km a ovest del vulcano), descrive una serie di forti terremoti che precedettero e accompagnarono l’eruzione. Nella sua lettera a Tacito riferisce che nelle ore iniziali “le case tutt’intorno crollavano” per le scosse sismiche e persino i carri venivano sballottati dal sisma. Plinio osservò anche un improvviso ritiro del mare (segno di maremoto locale) al porto di Miseno: “vedevamo il mare risucchiarsi in sé, come respinto dal tremito della terra”. Subito dopo apparve sul Vesuvio una gigantesca nube “nera e spaventosa”, attraversata da guizzi di fuoco, che in breve tempo calò sulle terre circostanti. Plinio racconta che la nube vulcanica oscurò completamente il cielo in pieno giorno, avvolgendo Capri e il promontorio di Miseno in tenebre totali. Nel giro di poco “si fece notte, non una notte senza luna o nuvolosa, ma un buio pesto, senza il minimo barlume di luce”, con pioggia di cenere così fitta che tutto ne risultò coperto “come fosse neve”. Questa drammatica testimonianza oculare conferma gli effetti della ricaduta di cenere e lapilli: a Miseno cadde cenere vulcanica in quantità tale da imbiancare il suolo e costringere gli abitanti a scuoterla di dosso per non esserne sepolti. Nonostante Miseno disterà circa 30 km dal cratere, gli effetti erano già devastanti: scosse telluriche, aria irrespirabile, buio diurno e accumulo di piroclasti al suolo.
Anche Cassio Dione, nella sua Storia Romana (inizi del III sec. d.C.), offre un resoconto degli eventi, confermando e ampliando quanto percepito a distanza. Egli parla di fenomeni spaventosi in Campania, con “violenti terremoti” tali che “tutta la pianura ribolliva e le vette balzavano in aria”, accompagnati da ruggiti sotterranei, boati del mare e fragori in cielo. Dione racconta che improvvisamente ci fu un fragore tremendo “come se i monti crollassero”, seguito dall’espulsione di “enormi macigni… quindi una grande quantità di fuoco e fumo senza fine”, tanto che “tutta l’atmosfera fu offuscata e il sole completamente nascosto, come fosse eclissato”. La pioggia di cenere fu così abbondante da coprire ogni cosa: “una quantità inconcepibile di cenere fu eruttata, coprendo sia il mare che la terra e riempiendo l’aria”. Secondo Cassio Dione la cenere provocò gravi danni: uccise bestiame e colture, fece perire tutti i pesci e gli uccelli, e seppellì intere città (Pompei e Ercolano). Questo storico aggiunge un dettaglio sorprendente sull’estensione geografica del fallout: “la quantità di polvere fu così grande che parte di essa raggiunse l’Africa, la Siria e l’Egitto, e arrivò fino a Roma, riempiendo l’aria e oscurando il sole”. A Roma – che dista oltre 150 km dal Vesuvio – si verificò un oscuramento del sole e per diversi giorni la popolazione, ignara della causa, fu atterrita pensando che “il mondo intero si capovolgesse”. Pur probabilmente esagerata, la testimonianza di Dione conferma che polveri e ceneri fini furono disperse nell’atmosfera fino a ricadere in zone molto lontane dal vulcano (causando poi, aggiunge Dione, una pestilenza a Roma nei tempi successivi) Va notato che nessuna fonte antica menziona esplicitamente il Circeo (Circei) in relazione all’eruzione. Il promontorio del Circeo – un massiccio calcareo alto ~541 m, non di origine vulcanica – si trova circa 120-130 km a nord-ovest del Vesuvio, lungo la costa laziale. In assenza di citazioni dirette, possiamo dedurre gli effetti locali al Circeo dalle testimonianze generali sopra citate. Se Roma vide il sole oscurato dalla cenere, il territorio del Circeo (più vicino alla Campania rispetto a Roma) deve aver sperimentato almeno cielo scurito e caduta di cenere fine in seguito all’eruzione. È plausibile che gli abitanti di Circei osservassero un offuscamento anomalo del sole e trovassero depositata al suolo una leggera polvere vulcanica dopo l’evento, pur senza capire immediatamente l’origine del fenomeno (analogamente allo smarrimento iniziale dei Romani).

- Plinio il Giovane, Epistulae VI, 16 (descrizione dell’eruzione osservata da Miseno)
- Cassio Dione, Storia Romana LXVI, 21-23 (resoconto degli effetti dell’eruzione)
- Osservatorio Vesuviano – INGV: ricostruzione dell’eruzione “pompeiana” del 79 d.C. e dispersione dei depositi
- Studi moderni sulle direzioni dei venti e data dell’eruzione (Rolandi, 2007)
- Dati geologici sull’altezza della colonna eruttiva (~33 km) e sugli effetti a lunga distanza.
- Britannica, Mount Circeo (natura geologica del promontorio del Circeo)