Un enigma dal passato
di Gianluigi Proia
da Mystero n.88 di settembre-ottobre 2008
Mondo Ignoto SrL
Un'epigrafe e la strana storia
accaduta cinquant'anni e più fa
al Circeo...
Secondo uno studio pubblicato alcuni anni fa da un'importante quotidiano nazionale la provincia di Latina è al settimo posto in Italia per ricchezza del patrimonio archeologico con tracce della presenza umana che vanno dagli insediamenti protostorici e preistorici, alle mura ciclopiche, alle ville romane litoranee di epoca imperiale.
Ma, probabilmente, quel che è stato individuato ed analizzato, soprattutto dalla prima metà del secolo scorso, è solo una parte dell'esistente e sotto terra, forse solo a qualche decina di dalla superficie, o nei fondali lacustri o marini reperti, di straordinaria importanza, attendono, da millenni, di tornare ad essere illuminati dalla luce del sole.
Testimonianze, in alcuni casi, forse, già individuate in passato ma che per una serie di circostanze sono state nuovamente avvolte dalle nebbie della storia la cui memoria riemerge, nei modi e nei tempi più inaspettati, da polverosi archivi o dagli scaffali di lontane biblioteche come la "Rossiiskaja Nazionalnaja Biblioteka" di San Pietroburgo.
Una Scoperta Inattesa
Stefano Pagliaroli, attualmente professore di Filologia della Letteratura Italiana all'Università di Verona, tra l'inverno e l'estate del 2001 si trovava in Russia per completare uno studio su incunaboli, vale a dire su libri stampati fino al 1500, cinquecentine, ossia volumi stampati nel corso del Cinquecento, di argomento geografico.
Ricerca che svolgeva prevalentemente a San Pietroburgo presso la biblioteca nazionale di Russia che con i suoi quasi venti milioni di titoli può essere considerata una delle maggiori "banche del sapere" non solo in Europa.
Casualmente mentre sfogliava un'edizione, stampata a Venezia intorno al 1500, dell'opera di Pausania, scrittore e geografo greco vissuto nel secondo secolo d.C., si accorse che nel volume qualcuno aveva lasciato un fascicolo di poche pagine battute a macchina.
Sul margine inferiore di un foglio, poi, c'erano alcune righe in italiano con qualche correzione a penna sotto cui risaltava una firma, abbastanza leggibile, "D. Fr. barone Karl von Hellennacht" ossia ipotizzando, come fece subito il professore Pagliaroli, che le abbreviazioni si riferivano a parole in tedesco "il tuo amico barone Karl von Hellennach".
Ma lo stupore del ricercatore aumentò quando si rese conto che quella che apparentemente sembrava essere la minuta di una lettera si riferiva a circostanze inerenti una località in provincia di Latina da lui ben conosciuta.
Lo scritto, così fortunosamente ritrovato, era indirizzato a qualcuno che von Hellennacht chiamava "Caro Professore" con cui, oltre ad avere una certa familiarità, pareva condividere l'interessa per una non meglio precisata ricerca archeologica il cui campo d'azione era l'area del litorale pontino limitrofa al Monte Circeo.
Ancor più incuriosito il ricercatore trascrisse gran parte della misteriosa lettera e, successivamente, provò ad indagare sulla provenienza del libro ma delle sue conversazioni con i bibliotecari non trasse alcun elemento utile.
Un Vero Rompicapo
L'intera vicenda appariva sempre più come un vero e proprio rebus.
Non era stato possibile determinare da dove, e in che periodo, fosse arrivato alla "Nazionale" di San Pietroburgo quell'antico volume, in cui il Pagliaroli aveva trovato quei fogli, ignoto al di là della sua presumibile attività di docente era il destinatario della lettera e lo stesso barone Karl von Hellennacht, se questi erano i suoi veri dati anagrafici, rimaneva, sostanzialmente, solo una firma su un foglio ingiallito da tempo.
L'unico elemento certo pareva essere la sua presenza al Circeo in un periodo anteriore al maggio 1955 visto che la lettera era così datata.
Non era molto per tentare di approfondire l'argomento e d'altra parte i suoi pressanti impegni accademici gli impedivano di continuare una ricerca in cui i punti fermi, come abbiamo visto, erano ben pochi.
Ma l'interesse per il misterioso Karl von Hellennacht non svanì e quando se ne presentò l'occasione lo studioso ne rievocò la figura su un periodico "Centro Storico" distribuito nell'unico comune in cui, quasi con assoluta certezza, possiamo ipotizzare che, anche se forse solo per brevi periodi, il barone abbia vissuto: San Felice Circeo.
L'articolo in cui erano pubblicati anche stralci della lettera e alcune ipotesi interpretative sul suo contenuto suscitò l'immediato interesse di chi scrive che grazie alla collaborazione della direzione del periodico riuscì ad entrare in contatto prima telefonicamente poi "de visu" con il professor Stefano Pagliaroli.
Pagliaroli non aggiunse molto rispetto a quanto già riportato sottolineando di non conoscere nulla in più di quanto scritto su "Centro Storico" ma promise di inviarmi nel giro di qualche settimana il testo dei suoi appunti coincidente, come ricordato in precedenza, con buona parte del contenuto della minuta.
Per quanto difficilmente interpretabile in assenza di qualsivoglia possibile riscontro il suo contenuto non era privo di sorprese e di spunti per affascinanti ipotesi.
Una Ricerca Difficile
Von Hellennacht nella parte iniziale scriveva "Caro Professore dopo di aver terminato le ritrascrizioni di quell'epigrafe, che mi dà meraviglia che un uomo che sia sedicente di definirsi di cultura e dottrina come il Poderale si ostini ora nuovamente a voler far sparire per le sue collezioni private, le desidero inviare questa missiva in via del tutto privata o personale e per il corriere sicuro che Voialtri sapete.
Quando vi dico e vi ripeto è che sia debba lasciar correre tutta questa impresa, perché a mio giudizio essa non è che un mare di chiacchiere prive di senno e di senso".
Frasi che farebbero pensare che l'oggetto della ricerca potrebbe essere stato individuato attraverso un epigrafe venuta in possesso di un collezionista di antichità che Von Hellennacht chiama il Poderale.
Un termine tutto da interpretare che, secondo una tesi avanzata da Pagliaroli, indicherebbe un amministratore locale, probabilmente un sindaco, della zona.
Ma che potrebbe essere un soprannome o, anche, un aggettivo sostantivo riferito al proprietario del terreno, del podere, in cui sarebbe stata scoperta l'iscrizione.
Certo è che chiunque venisse indicato come il Poderale e qualunque fosse stato il contenuto dell'epigrafe von Hellennacht appariva piuttosto sfiduciato sull'esito della ricerca "sono ormai stanco di sempre ritentare per percorrere ancora la stessa via di Brocchi - di lì nulla può venirsi - e ne dissuado anche voi nel gran caldo e con famiglia di piccoline, che ben credo possiate attraversare la via Appia e perscrutare con tutto comodo, anche per i calchi prospettici, da lì, e non instagnarvi nelle terre dove ancora si trovano tracce di insalubre palude.
Dunque, per gli scavi e le fondazioni si ponga un termine e ciascuno ritorni alle sue opere e ai suoi studi. Spero ancora di non arrecarvi fastidio con la storia che sapete, né mi fido di aggiungere o svelarvi altro."
Dopo aver ricordato che il Brocchi citato dovrebbe essere Giovambattista Brocchi, geologo veneto grande appassionato di archeologia, che nel corso di un suo viaggio nel Lazio nel dicembre del 1815 visitò per la prima volta l'area tra Terracina e il Monte Circeo, sarebbe da capire cosa si intende dire con l'espressione "per percorrere ancora la stessa via del Brocchi" da cui, aggiunge, non può venire nulla.
Un elemento inoltre merita di essere sottolineato.
L'accenno alla "famiglia di piccoline" del destinatario della missiva da cui si deduce un secondo elemento utile alla sua identificazione.
Il "Caro Professore" nel maggio del 1955 aveva almeno due figlie giovanissime.
"Se davvero questo esiste - continua il barone - divideremo tutto noi tre, sempre che si sia avvenuti al punto più preciso e di lì nettare a fondo la sonda e darli sotto forte d'incaglio e strattonature con i mezzadri dei Palombi che seguirebbero all'intorno con i sandoli."
Espressioni che farebbero pensare ad un'operazione di scandagliamento del fondo di un corso d'acqua, nella zona ci sono piccoli laghi costieri ed alcuni canali, navigati all'epoca attraverso speciali chiatte piatte e rettangolari chiamate sandali o sandoli.
Imbarcazioni che probabilmente sarebbero state meno adatte per svolgere analoghe ricerche in mare anche se sottocosta.
Ma per cercare cosa?
Karl von Hellennacht non lo dice espressamente e anzi cambiando, almeno apparentemente, argomento continua "prendemmo già a nolo un'imbarcazione per dirigersi dove la sera s'allunga l'ombra di Circe, che da lontano somiglia ad una sfinge e dove nisciuno vuole gettare le reti, perché dicono che nel profondo è stato visto il Poseidone di Elice, che la straccia sempre. E magara fosse così. Di più non posso dirvi..."
A questo punto nella trascrizione mancano alcune righe, purtroppo non presenti negli appunti del professor Pagliaroli, che riporta però la parte conclusiva della minuta "se a voi sempre non dispiaccia mi farà ben grado di salire alla torre e continuare i calcoli e mettere giù le lenze, che piace per intrattenersi".
Tre Indizi, un'Ipotesi
E proprio in quest'ultimo passaggio si può individuare un indizio, il terzo, in grado di permettere la formulazione di un'ipotesi in merito all'interlocutore di Von Hellennacht.
Il misterioso barone accenna ad una torre in cui "continuare i calcoli". Si può dedurre che il professore a cui si rivolgeva in maniera così apparentemente rispettosa in qualche modo avesse a che fare con una torre, anzi, dal contesto della frase, si potrebbe ipotizzare che, forse solo temporaneamente, vi risiedesse.
A questo punto secondo gli elementi individuati la persona, a cui scriveva nel maggio del 1955 chi si firmava barone Karl von Hellennacht, era un docente che si interessava attivamente di archeologia sul litorale pontino, aveva almeno due figlie piccole, e, presumibilmente, come si può immaginare dall'accenno a "metter già le lenze", durante le ricerche viveva in una torre ubicata a poca distanza dal mare.
Tutti elementi che portano, in maniera abbastanza univoca, all'individuazione di un possibile destinatario della lettera.
Si tratta di Carlo Alberto Blanc, uno dei maggiori paleontologi italiani, scopritore nel febbraio del 1939 nella grotta Guattari, alle pendici del Monte Circeo, di un cranio attribuito ad un uomo del Neanderthal.
Carlo Alberto Blanc, nato nel 1906 a Chambery in Savoia, dalla metà degli anni Trenta alla fine dei Cinquanta nell'ambito delle sue ricerche sui movimenti delle linee di riva del Mediterraneo effettuò numerose campagne di scavo sul litorale pontino in particolare nell'area costiera del Monte Circeo.
Dopo essere stato Professore di Geologia all'Università di Pisa, lo fu, a lungo, di Paleontologia presso l'Università "La Sapienza" di Roma, e nel 1955 la sua famiglia era composta da "piccoline" in quanto le sue quattro figlie Maria Cristina, la più grande, Anna, Estella e Vera avevano tutte meno di quindici anni e le ultime due meno di dieci.
Inoltre nei suoi frequenti soggiorni a San Felice Circeo, in quel periodo, viveva in una Torre, edificata nella seconda metà del Cinquecento, a picco sul mare: Torre Fico.
Alcune Domande
Ma se effettivamente Carlo Alberto Blanc, come le circostanze finora elencate farebbero pensare, era il destinatario della missiva firmata von Hellennacht i due quando si erano conosciuti, visto che il contenuto lascia intendere una certa familiarità, e, soprattutto, come?
Quale punto di contatto poteva esistere tra uno studioso di fama internazionale come Carlo Alberto Blanc e il pressoché sconosciuto barone? L'enigmatica epigrafe cui si accenna nell'incipit della lettera dov'è finita?
Quali erano gli scopi di quella che le apparenze indicherebbero come una ricerca comune? Quale esito ha avuto?
Chi era il "Poderale" e in che cosa consistevano le sue "collezioni private"'?
Come aveva fatto un libro che, molto probabilmente, era appartenuto a Karl von Hellennacht ad arrivare in una biblioteca di San Pietroburgo?
Una Possibile Conferma
Per provare a dare almeno una risposta alle il tante domande abbiamo incontrato alcuni e mesi fa la maggiore delle figlie del professor Carlo Alberto Blanc, Maria Cristina, che vive negli Stati Uniti a New York, durante un suo soggiorno a San Felice Circeo.
Le abbiamo chiesto se riteneva verosimile quanto da noi ipotizzato e se avesse mai sentito parlare da suo padre del barone Karl Von Hellennacht.
Maria Cristina Blanc dopo aver letto quanto in precedenza riportato della lettera scoperta a San Pietroburgo dal professor Stefano Pagliaroli - ha commentato "Quanto da lei sostenuto è verosimile.
Effettivamente quella missiva potrebbe essere stata indirizzata a mio padre anche se credo di non aver mai sentito parlare, finora, di Karl Von Hellennacht.
Ci sono alcuni elementi dalle piccoline alla torre che sembrerebbero suffragare la sua identificazione.
Ho provato a cercare nella corrispondenza di mio padre qualche scritto di o per Karl von Hellennacht ma senza esito.
Ma vorrei effettuare una ricerca più approfondita nel suo archiviò appena ne avrò il tempo necessario.
Pensi che c'è un armadio in cui è custodito molto materiale archiviato subito dopo la morte di mio padre che ho intenzione di aprire da anni e magari proprio da li potrebbe venir fuori qualcosa di interessante.
Mi piacerebbe, inoltre, sentire anche dei suoi conoscenti dell'epoca come il professor Segre per vedere se ricordano qualcosa in merito".
Ciò premesso la signora Blanc supponendo che effettivamente esistesse un rapporto di conoscenza fra il padre e il misterioso barone, su nostra sollecitazione, ha ipotizzato: "Una possibilità è che mio padre, che parlava benissimo il tedesco, avesse conosciuto Von Hellennacht durante l'occupazione di San Felice Circeo quando avevamo il comando delle SS a casa di mio nonno, a Villa Aguet, e quello delle truppe regolari con il sistema delle comunicazioni a Villa del Pino.
Ciò ci costringeva ad una coesistenza obbligata con i tedeschi che ci imponevano delle restrizioni piuttosto severe.
Coesistenza che ebbe momenti drammatici come quando morì mia nonna in una delle grotte del parco della villa ma che necessariamente costringeva mio padre a relazionarsi con i loro ufficiali fra cui poteva esserci qualcuno, più istruito, che poteva avere questo genere di interessi.
Von Hellennacht poteva essere uno di quegli ufficiali o in ogni caso qualcuno che in quel periodo, anche saltuariamente, frequentava il comando con cui mio padre avrebbe continuato ad aver rapporti dopo la fine della guerra.
Che magari aveva imparato l'italiano proprio durante quegli anni difficili e con cui aveva, evidentemente, una corrispondenza epistolare.
Corrispondenza di cui, come ho già ricordato in precedenza, finora non ho trovato traccia ma che potrebbe benissimo esserci stata".
Fin qui quanto ci ha dichiarato Maria Cristina Blanc che anche recentemente ci ha confermato la sua intenzione di voler proseguire nelle sue ricerche, forse le uniche da cui potrebbero venire elementi per chiarire una vicenda di oltre cinquant'anni fa che la lettera scoperta a San Pietroburgo dal professor Stefano Pagliaroli ha riportato alla luce...
agg.3 31.01.2009